Foto Palio di Siena

L'emozione, i brividi e il sudore degli scatti sul Tufo.

Se mi chiedessero di spiegare a un turista cosa sia il Palio di Siena, probabilmente partirei con l’escludere tutto ciò che il Palio non vuole essere. E per prima cosa direi che pur richiamando visitatori da tutto il mondo, il Palio si discosta molto dall’essere un’attrazione per turisti, che assistono incredibilmente sorpresi, estasiati e generalmente inconsapevoli di ciò che possa mai simboleggiare una gara fra dieci cavalli che si sfidano attorno ad un anello di tufo, su tre giri velocissimi che ti fanno trattenere il respiro senza nemmeno la possibilità di accorgersene. Il Palio va ben al di là della semplice giostra, il Palio è molto di più. Il Palio è Siena, il Palio è la corsa dell’anima, in cui tutto ciò che è visceralmente connaturato alla tua persona esce fuori con una passione sanguigna incontrollabile. Il Palio è un attimo e una vita intera, è il tuo cuore che sale in gola e sembra volersi catapultare fuori. È pressione che sale, è perdita del senso del mondo che ti circonda, una bolla di vetro che si gonfia di colori, suoni mani che trasudano emozioni e che contiene in sé un mondo parallelo, sospeso nell’attesa di quella busta bianca che arriva portata dal vigile vestito di bianco, che con un braccio alzato la mostra alla piazza e la consegna nelle mani del mossiere, con migliaia di occhi incollati addosso che aspettano il verdetto. E poi cala il silenzio.

Silenzio, silenzio.

Un silenzio quasi irreale, che fa stupire anche i turisti ignari di questo magico rituale. Silenzio. Una piazza gremita di migliaia di persone, incredibilmente in silenzio. Tanto da sentire le singole voci zittite dagli “shhhh” che riecheggiano dal popolo e tanto da dover mettere in vibrazione il telefonino per evitare figuracce. Proprio come a teatro. E questo è uno dei momenti più magici, in cui anche il suono dell’otturatore darebbe fastidio, attimi in cui le mani sudano talmente freddo da non riuscire a fare altro, se non aspettare con gli orecchi tesi, la voce decisa del mossiere, che annuncia il primo barbero dentro il canape, accompagnato dal vociare della piazza che protesta. E poi il secondo, il terzo, le posizioni migliori, fino alla rincorsa. Poi la danza dei fantini, che borbottano fitto fitto fra di loro, in tondino dietro alla mossa, allungandosi quasi fino alla curva del casato. Qualcuno che incita, qualcun’altro che impreca. E la tensione sale e si fa palpabile, densa nell’aria colma di adrenalina. Si rientra più volte tra i canapi, uno per uno, sgomitando, cercando estenuantemente le traiettorie migliori, la tensione si fa ancora più febbrile, i cavalli che scalpitano vogliosi di partenza, sudore, eccitazione, paura. E il respiro si fa più accelerato. Poi arriva quell’attimo perfetto, una frazione di secondo in cui la rincorsa giudica perfetta la mossa.
Giù i canapi. Si parte. Polverone, le gambe nervose dei cavalli che galoppano, si corre, si corre, primo San Martino, impronte profonde sul tufo, terra che si alza, ancora polvere, primo Casato, curva stretta, la folla che si alza sui palchi, il popolo che saltella in una piazza ormai illuminata dai telefonini, urla, incitazioni, qualche turista che sviene per il caldo soccorso dalla barella della Misericordia, si corre, si corre, secondo giro, qualche cavallo scosso, le prime posizioni cambiano, secondo San Martino, si corre, ancora terra che si alza, adesso ci si gioca tutto, cardiopalma, il primo che si guarda indietro, che spinge il cavallo, che vuole la vittoria. Terzo San Martino, ci siamo quasi, ultimo drittone, terzo casato, i contradaioli che cominciano increduli e urlanti a scendere dai palchi, il fantino col nerbo alzato, cardiopalma, mortaretto. Vittoria.

Ed ecco che come un fiume in piena il popolo della Contrada vittoriosa si precipita esultante a stringersi attorno al barbero per accoglierlo, proteggerlo, abbracciarlo. Poi si arrampica fino al palco dei giudici a prendere il “cencio” appeso, un “cittino” appena nato, prende in spalla il suo fantino, piange di gioia, si abbraccia muovendosi all’unisono come una corrente calda dentro al mare dei colori delle bandiere alleate che onorano la sua carriera. È il giubilo, che ha inizio nella Piazza del Campo e continua nella chiesa di Provenzano o dentro al superbo Duomo, un fiume in piena che continua, un turbinio di emozioni, gioia infinita, sudore, incredulità, turisti che non sanno bene che fare, orgoglio senese che esplode nel petto. Ecco il Palio, il Palio di Siena.

E per me, purosangue senese, croce e delizia del mio essere dibattuto, è onore viverlo, osservarlo da vicino e fotografarlo. Fermare attimi tumultuosi che corrono via, conoscerne i significati primitivi, raccontarne la storia secondo la mia personale interpretazione, che va ben al di là del semplice scatto del turista, ma entra nella ritualità più intima della festa senese, studiandola e rispettandola, comprendendone il significato ultimo: la passione. Colori che esplodono, emozioni difficili da controllare, soprattutto quando si ha una macchina fotografica in mano e la tua testa vola, in un turbinio di senesità, orgoglio e vita.

ALESSIA BRUCHI

Fotografo Palio di Siena

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