IL PALIO DI SIENA AL TEMPO DI FACEBOOK
Quando l'uso compulsivo dei social media diventa dannoso e distorsivo della realtà.
Vista la spiccata e recentemente scoperta tendenza media della maggior parte delle persone verso la convinzione di esistere solo mettendo in piazza i fatti propri, alla fine era inevitabile, ci saremmo arrivati. Così come successo da prima per gli aspetti più intimi della propria vita, come le piccole abitudini quotidiane, gli amici, le serate, le vacanze, ma anche più ridicolmente, per tutti quei momenti che uno non dovrebbe mai sventolare ai quattro venti, sia per pudore ma anche perché presumibilmente fatti di poco interesse per il prossimo, l’epoca dei selfie compulsivi, dei filmatini caricati su youtube per affermare “io c’ero”, delle foto inopportune fatte di continuo, sempre per sottolineare la propria presenza a un evento e ostentarlo al prossimo, ecco, quest’epoca fatta dell’ansia dell’apparire ha colpito anche quello che a Siena avevamo di più sacro: il Palio.
Ed è successo – e sta tutt’ora succedendo -, che ci stiamo “socialmente” sputtanando il Palio. Colpa dei senesi? Colpa dei turisti che vengono a vedere il Palio? Beh, mettiamocelo in testa, le porte non si possono chiudere. Oggi più che mai. Perché il palio sarà pure indiscutibilmente dei senesi, ma il turismo è una delle nostre più importanti risorse ormai. E come dicevano i “senesi talebani” “Chi unn’è di Siena stianti” non si può proprio più dire, per ovvie ragioni economiche, perchè non siamo più la bella oasi felice che eravamo prima.
Probabilmente, per evitare di trovarsi in una situazione del genere, “nudi” e facilmente attaccabili da pseudo politici in cerca di demagogiche crociate, avremmo dovuto pensarci prima e provare almeno culturalmente a prevenire questi dannosi tentativi di sputtanamento, facilmente immaginabili nell’epoca dei social, in cui le informazioni hanno un tipo di circolazione incontrollabile, potenzialmente distorta e illimitata. Mi viene allora in mente una struttura importante come un museo del Palio e un piano di comunicazione molto più organico di quanto non lo sia adesso, pensato per creare un turismo maggiormente consapevole: una serie di azioni volte a conferire a questa centenaria tradizione il maggior prestigio possibile e quell’indiscutibile valore storico artistico che merita. Che, visti questi chiari di luna, non è affatto scontato. Soprattutto senza il sostegno economico e politico del Monte dei Paschi.
Ce lo avessero gli americani quello che abbiamo noi sotto il culo, sai in quale modo fantasmagorico non lo avrebbero incorniciato e valorizzato? Ecco, noi non ne siamo stati capaci. Come avere una Ferrari in garage e lasciarla marcire. Quindi dare la colpa ai turisti è come nascondersi dietro ad un dito, anche perché la maggior parte di quelli che arrivano a Siena, con il preciso intento di veder il Palio, rimangono quasi sempre incantati dalla nostra festa, arrivandone a comprendere quasi il significato. Il problema reale sta forse in quelli che si rifiutano anche solo di provare a capire e si barricano da invasati dietro a una tastiera, non solo senza averlo mai visto dal vivo, ma senza avere la minima cognizione di cosa sia il Palio, contribuendo con una violenza verbale inaudita a questo accanimento mediatico travestito da missione animalista, che in realtà nasconde – e neanche tanto bene – una mera strumentalizzazione politica messa in piedi per la poltrona di un bamboccetto figlio di papà. Ecco l’ho detto. Con questi signori, a parere mio, l’unica arma è la totale indifferenza, perché mettersi a discutere per cercare di spiegare la realtà delle cose porta solo a controproducenti degenerazioni.
D’altra parte non si può nemmeno dire che il turista non rappresenti un certo “rischio di fuga” delle immagini di palio. Perché anche loro sono muniti di telefonino, anche loro sono muniti di quegli orrendi piaccelloni dei tablet che oramai fanno tristemente da tetto alle nostre teste in piazza, tutti mezzi con cui ogni minuto vengono condivisi (male) foto e video. Purtroppo però, è un qualcosa che non possiamo evitare. Ormai viviamo in un mondo fatto di sovrabbondanza di immagini (scadenti) ed è inevitabile che il filmatino scomodo fatto dal turista curioso finisca in rete. Il fatto molto più grave invece è quando invece siamo proprio noi a giocarsi il Palio in rete, mettendo in piazza quei momenti che dovremmo tenere per noi. Ma il guaio è che non si tratta più della Piazza del Campo, ma di una piazza molto più globale, che porta inevitabilmente verso la “deriva social” dei nostri più intimi e “segreti colori” come le scazzottate fra contradaioli, per cui anche il meno informato su questa magnifica tradizione si permette di sparare a zero, captando a caso qua e là qualche informazione e a sua volta distorcendola, come col gioco del passaparola, contribuendo a creare quell’insostenibile rumore di sottofondo che proprio in questi giorni attanagliava Siena, che si è ritrovata suo malgrado a sopportare i commenti di tutti, molto più di quanto accadeva nel passato. Purtroppo però, questo è il rumore dei social. Ed è fatto, si sa, di un preoccupante qualunquismo e di una superficiale approssimazione molto più interessata al becero sensazionalismo che alla reale comprensione dei fatti.
Ok, ma per un attimo, analizziamo anche la visione di un non senese. Mettetevi nei panni di un “forestiero” che si trova per caso a visionare un video che riporta i cazzotti fra due contrade. Il cazzotto di Palio, a Siena, si sa, c’è sempre stato e per noi è un’espressione “normale”, di quella passione che ci agita in quei giorni, un folklore più spinto che si esaurisce completamente dopo pochi minuti. Ma questo lo sappiamo noi. Cosa ne deve sapere invece un’esterno che vede un video di questo tipo? Come fa a immaginare che si tratta di un qualcosa legato alla “senesitudine”, che passato il momento dello scontro tutto ritorna alla normalità e che il fatto in sé per sé non porta mai a grosse conseguenze? Semplicemente non lo può sapere. E per questo motivo, come dargli torto quando allora scatta il commento: ah i senesi, quale esempio di inciviltà! E giù a ruota con i cavalli, con la corsa e con Siena. Ed è inevitabile che la cosa monti come la panna, perchè mai come ora siamo sorvegliati speciali e anche se per noi questi “scambi di opinione” fanno parte del pacchetto, se data in pasto al web, questa roba fa clamore.
Lo stesso accade per i giornali, che di certo vendono di più se danno maggior risalto alla “rissa” del dopo corsa rispetto alla vittoria della contrada, perché bad news is good news. Il sensazionalismo paga sempre, anche se si va nettamente contro la deontologia professionale, che ci si aspetterebbe invece da un giornale come Repubblica o da Agenzie come Ansa e altri grossi nomi. Ma lo strano (e abominevole) è che lo stesso è accaduto su alcune testate senesi che pur di vedere aumentare i propri lettori, hanno dato sia spazio a chi invece non avrebbe dovuto averne neanche un po’ e per di più pubblicato i cosiddetti fattacci nostri, quelli che dovrebbero rimanere SOLO in contrada, contribuendo ad alimentare il famoso rumore di fondo delle comari animaliste. Quando si dice darsi la zappa sui piedi.
Forse, e poi la chiudo qua, oggi il Palio per Siena è diventato una questione di responsabilità collettiva. E dato che la campana di vetro sotto cui abbiamo vissuto in tutti questi anni si è rotta, noi tutti, nessuno escluso, chi in piccolo come i singoli contradaioli e chi in grande, come le stesse contrade, le istituzioni e gli organi d’informazione, dovremmo ogni giorno pensare a preservarlo quanto più possibile, proprio come si farebbe con l’oggetto più prezioso in nostro possesso, perchè Siena è il Palio e il Palio è Siena, ma di questo agli altri non gliene frega una beata mazza. Deve invece importare a noi.
Quindi, ai senesi che condividono in rete i video dei nostri cazzotti dico: FATEVI UN SECCHIO DI CAZZI VOSTRI.